I rischi per le imprese “zombie”, le possibilità di utilizzo del Recovery plan, le prospettive per la fase di ripresa post-Covid e per l’occupazione: sono i temi di questa intervista al nostro C.E.O. Pasquale Lampugnale pubblicata la scorsa domenica 24 gennaio sull’inserto inDialogo del quotidiano Avvenire.
IINTEVISTA COMPLETA
Dodici milioni di lavoratori colpiti e sistema di protezione sociale in crisi. Questo emerge dall’ultimo Rapporto sul mercato del lavoro del Cnel. Col presidente della Piccola industria di Confindustria Campania, Pasquale Lampugnale, proviamo a leggere la situazione e individuare i possibili punti per il rilancio.
Presidente, quali sono i settori produttivi più colpiti?
Tutte le aziende hanno registrato cali di fatturato, tranne alcuni casi particolari come quello farmaceutico o una parte dell’agroalimentare, ad esempio. Ovviamente i problemi più grossi li hanno avuti le aziende più direttamente interessate dalle chiusure. Nel mondo del manifatturiero, che rappresentiamo, è sicuramente in grande sofferenza la parte dell’agroalimentare che ha come clientela il cosiddetto settore Horeca, vale a dire hotel, ristoranti, bar etc., i quali, appunto, pure rappresentano un comparto molto colpito, assieme a quello del turismo, della moda, delle fiere e dei convegni. Insomma, tra i primi e più colpiti i servizi privati maggiormente interessati dai provvedimenti di separazione
fisica. In Campania, dove il tessuto produttivo è rappresentato da piccole e medie imprese chiaramente la crisi è ancora maggiore perché ha colpito una categoria di imprese più
piccole, e quindi strutturalmente meno capace di assorbire colpi così pesanti come quello della pandemia. In Campania le Pmi sono il 99% dell’ossatura produttiva: questo è l’aspetto che preoccupa di più.
Come ha risposto il Governo alla crisi secondo lei?
Ci sono stati provvedimenti che hanno funzionato, come ad esempio il cosiddetto decreto liquidità: un provvedimento emergenziale che ha immesso nel sistema una
grossa dose di danaro, che serviva. Il problema vero, però, è un altro. La durata della crisi sta creando una massa di co siddette «imprese zombie», cioè imprese che non sono fallite, ma che di fatto potrebbero fallire da qui a breve, perché ormai troppo deboli. Il salvagente degli aiuti, insomma, in sé positivo, potrebbe però aver solo rimandato tanti fallimenti che vedremo nel corso del 2021. Tutti i provvedimenti sono stati di natura emergenziale ma ora ci giochiamo la partita importante sulla tenuta del sistema economico e sul rilancio.
Rilancio fa rima di questi tempi con Recovery plan. Su cosa dobbiamo puntare?
Nel piano finora stilato per la spesa dei 209 miliardi europei, reputo positivo lo sforzo che è stato fatto sul digitale: accompagnare le imprese nella transizione digitale è fondamentale, in alcuni casi per la loro stessa sopravvivenza. È cruciale specialmente in Campania, dove siamo indietro rispetto ad altre regioni italiane: dobbiamo vincere alcune resistenza culturali che ancora permangono. La digitalizzazione serve anche per il rilancio delle aree interne. Poi green economy, industria 4.0, e il comparto cultura. Questi i punti principali, sui quali anche il governo si sta orientando. Difatti il nostro giudizio è abba stanza positivo, solo avremmo gradito un maggiore confronto con le parti sociali. Ad esempio, vorremmo che aumentassero i fondi destinati al Sud, più dell’attuale 34%: il piano Next generation Eu, infatti, non vuole solo rilanciare l’economia ma mira ad aumentare la coesione territoriale riducendo i divari tra diverse aree geografiche. Solo se ridurremo il gap di sviluppo tra Sud e Nord, colmeremo quello tra Italia e resto d’Europa. Aggiungiamo, comunque, che non basta avere le risorse: la vera sfida sarà riuscire a spendere tutti i fondi entro i tempi stabiliti e a spenderli bene, creando sviluppo che duri nel tempo.
Il 31 marzo scade il blocco dei licenziamenti. Forse ci sarà una proroga. Lei che ne pensa?
Si è trattato di un provvedimento di tenuta sociale, e quindi è stato positivo. Ora ci sono dei settori che sono sostanzialmente fermi, e perciò io ritengo che la proroga in quel caso sia giusta, per i settori che hanno avuto una qualche ripresa il blocco si può ritirare. Questo mi sembra un ragionevole compromesso, tenendo presente naturalmente la situazione sociale difficile, che nessuno può ignorare.