Le ripercussioni della pandemia e adesso della guerra in Ucraina soffocano imprese e famiglie, dai rincari dei costi dell’energia a quelli delle materie prime. Difficoltà che si fanno
sentire soprattutto in un territorio «fragile» come il Sannio. In qualità di vice presidente nazionale e leader regionale di Piccola Industria Confindustria, quali soluzioni propone? «Per quanto riguarda la questione energetica e del caro commodities, in linea generale noi come Confindustria abbiamo già sensibilizzato il governo a partire dall’ultima parte dell’anno scorso, segnalando un rallentamento della produzione industriale che è stato confermato in tutti i mesi a venire, anche a maggio. L’Italia è il Paese che in assoluto
dipende di più dal gas russo, perché importiamo il 40% dalla Russia, privo di fonti energetiche, che non ha nucleare e che ha percentuale di rinnovabili importante ma non da primi posti in Europa. Avevamo segnalato che la bolletta energetica sarebbe passata ai circa 60 miliardi emersi nell’ultima stima del centro studi di Confindustria nazionale.
A questo si aggiunge il caro materie prime come grano, plastica, legno, acciaio». Che impatto stanno avendo questi fattori? «Secondo una nostra indagine a marzo e aprile il 16% delle imprese ha già ridotto la produzione e il 30% contava di farlo nei successivi tre mesi. Le imprese hanno inoltre assorbito parte degli incrementi senza ribaltarli sul prodotto finito e quindi sul mercato. Abbiamo rivisito al ribasso tutti gli indicatori di crescita economica, è una situazione critica. Ma c’è bisogno di una crescita duratura nel tempo e non vediamo segnali che vadano in questo senso. Abbiamo anche criticato gli interventi del governo, per esempio rispetto ai bonus, come i 200 sparpagliati sulle famiglie, anche ai percettori di Reddito di cittadinanza, che non abbiamo mai ritenuto una risposta efficace. Bisogna secondo noi ridurre il cuneo fiscale, che è tra i più alti d’Europa, investendo 16 miliardi per alleggerire il carico fiscale in capo all’azienda e darne due terzi ai lavoratori, cioè una mensilità aggiuntiva ai nostri dipendenti, circa 1.220 euro in un anno. I soldi ci sono, nel documento di Economia e finanza c’è scritto infatti che quest’anno ci sarà un extra- gettito di 38 miliardi, in parte dovuto agli oneri fiscali e in parte a quelli sociali».
Analizzando più nel dettaglio il tema delle energie rinnovabili, pensa che questo possa essere il campo in cui davvero il Sannio possa recitare un ruolo da protagonista? «C’è il pacchetto RePower Eu, che metterà a disposizione circa 300 miliardi per dare sostegno e indipendenza energetica all’Europa. Una parte degli interventi previsti è destinata al potenziamento delle energie rinnovabili ma scontiamo la difficoltà nel mettere in atto questi investimenti per via della complessità delle norme. Nel Mezzogiorno, e quindi nel Sannio, occorre investire nell’industria manifatturiera, nel turismo, nelle energie rinnovabili e nel rispetto dell’ambiente, puntando sull’eolico e sul solare. Tra l’altro al Sud c’è il
53% delle energie rinnovabili prodotte, di cui il 94% da eolico. Inoltre abbiamo la chance di investire nell’economia del mare, gestendo anche grazie alle Zes gli aspetti legati alla retro-portualità». Nel Sannio, però, resta il nodo dell’occupazione e la fuga dei giovani è incessante. Come invertire il trend? «Dobbiamo fare più sistema territoriale, avere una visione d’insieme dello sviluppo complessivo. Vedo tanti singoli interventi che non seguono una regia di carattere generale. C’è ancora una percezione generalizzata che in fondo bisogna andare via da questo territorio. E allora dobbiamo fare sistema tra le imprese, tra le istituzioni, con la politica e con le università per sperare di cambiare rotta. Spesso formiamo giovani che però già a monte hanno deciso di andare via. Non vedo un’idea di territorio da promuovere all’esterno». Cosa servirebbe nello specifico? «Dovremmo creare una regia di fondo, in questo momento c’è un Comune capoluogo che sta facendo bene, una Regione Campania che vedo vicina al territorio. Ci sono le condizioni per creare queste chance di sviluppo. Si sta lavorando tanto sul tema delle aree interne, anche con i Forum, c’è attenzione e manca solo una strategia complessiva». Digitalizzazione e transizione green sono le grandi sfide di questa delicata fase storica. Quali sono i prossimi step in agenda? «Il 17 giugno a Bari prenderanno il via le assise nazionali di Confindustria
Piccola Industria. Quattro i temi al centro del documento programmatico: competenze e capitale umano, finanza e crescita, nuova impresa tra digitale e fisico, sostenibilità e transizione green. Al termine stabiliremo le quattro priorità per dettare la linea degli interventi necessari ».