Reintrodurre l’Ace per le PMI

Le previsioni del Cerved 2024-2025 recentemente diffuse fanno riflettere: molte Pmi potrebbero andare in crisi e l’8,5% di esse è addirittura a rischio chiusura; per la prima volta dal 2019 tornano a crescere le chiusure di impresa (+33,3%); i fallimenti (+50,6%) e le liquidazioni (+55,4%) nel manifatturiero, in gran parte a causa del rallentamento generale dell’economia, dell’inflazione a livelli record, dei ripetuti aumenti dei tassi di interesse avuti in questi anni, e delle incertezze dovute al complicato momento geopolitico internazionale.
Un ulteriore analisi condotta dal Centro Studi di Banca Intesa mette in luce il cambiamento intervenuto nella struttura produttiva dei distretti negli ultimi venti anni a fronte del significativo aumento registrato dalle pressioni competitive internazionali, per effetto della “lunga crisi” del 2008-2013 e dei più recenti shock pandemico ed energetico.
Una prima tendenza importante è il balzo dell’indice di patrimonializzazione nelle imprese manifatturiere, più che raddoppiato e passato dal 15,3% del 1998 al 32,3% del 2022, come effetto di due fenomeni concomitanti e collegati: da un lato la selezione 2001 avente la sua fase più acuta nel periodo 2008-2013, dall’altro lato, la presenza di importanti misure di sostegno fiscale, tra cui l’Aiuto alla crescita economica (ACE), a favore degli investimenti in capitale di rischio introdotta nel 2011.
Le imprese a più elevata patrimonializzazione mostrano non solo maggiore propensione all’investimento, ma anche maggiore produttività del lavoro e maggiore diffusione di leve strategiche quali brevetti, marchi, certificazioni, investimenti esteri diretti ed esportazioni. Il confronto evidenzia inoltre, a istanza di venti anni, un significativo aumento delle disponibilità liquide delle imprese: nel raffronto tra il 2019 precovid e il quadriennio a cavallo di inizio secolo, l’indice di liquidità addirittura è più che triplicato. A distanza di venti anni, il tessuto produttivo distrettuale appare dunque significativamente più solido, per effetto combinato di un livello di patrimonializzazione più che raddoppiato e di un’incidenza delle disponibilità liquide più che triplicata. Il rafforzamento della base patrimoniale è fondamentale nel determinare la continuità delle imprese nel lungo periodo. La marginalità , nonostante il contesto maggiormente competitivo, viene mantenuta a livelli costanti. L’analisi di sopravvivenza rivela invece che il 44% delle imprese attive nel quadriennio 1998-2001 lo sono ancora, l’11% sono state oggetto di scioglimento volontario e il 32% sono state liquidate o sono fallite. Non è dunque un caso che l’uscita dal mercato abbia riguardato le realtà imprenditoriali minori e più fragili da un punto di vista finanziario.
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